martedì 23 settembre 2014

Sblocca Italia... ma non per gli architetti

Il CNAPPC, Consiglio Nazionale degli Architetti, critica in maniera dura il decreto cosiddetto Sblocca Italia varato dal Governo. All'interno del decreto non si riscontra alcun intervento volto a dare nuove energie al settore edilizio anzi, a detta del CNAPPC, rafforza alcune posizioni di potere a discapito della professionalità di architetti, ingegneri e altri professionisti del settore. 
Eppure non credo bisogna essere un premio Nobel dell'economia o un Pritzker Price dell'architettura o dell'urbanistica per individuare e stabilire dei punti chiave per rilanciare un settore, o più settori, in "crisi".
Un semplice osservatore della attuale situazione, urbanistica ed economica, potrebbe fare un elenco simile:
1) E' sotto gli occhi di tutti la situazione idrogeologica del Paese, che richiede massicci interventi per ovviare ad evidenti e clamorosi errori nella "gestione" del territorio ed evitare, in tal modo, catastrofi prodotte da eventi climatici sempre più aggressivi.
2) Oppure la situazione manutentiva degli edifici scolastici, degli immobili adibiti a sede di pubbliche amministrazioni, degli ospedali pubblici, nella grande maggioranza ormai vetusti e con evidenti pecche nelle condizioni di sicurezza per i loro fruitori.
3) Un altro settore che richiede l'intervento in tempi brevi sarebbe quello che riguarda il patrimonio storico architettonico, che da solo potrebbe assorbire e garantire svariati posti di lavoro, a differenti livelli di qualifica.
4) A livello di infrastrutture esistono ancora oggi delle enormi carenze che gravano sullo sviluppo generale e impediscono una equa e corretta distribuzione delle risorse economiche tra nord e sud del Paese. Basti pensare, uno per tutti, al settore trasporti e al ruolo influente per gli scambi commerciali.
5) Siti industriali dismessi a tutt'oggi attendono ancora di essere bonificati e riconvertiti, ovvero riannessi ai tessuti urbani nei quali insistono.
6) Una politica energetica di ampio respiro, di ampie vedute, che si traduca in un piano nazionale energetico che riduca la dipendenza da fonti fossili, oltre che ridurre le emissioni in atmosfera (Kyoto 2020? ma quando mai!).
7) La riduzione dei rifiuti in discarica e un piano per la loro corretta gestione e riconversione in energia o materie prime (ad oggi in Italia abbiamo vari esempi da cui copiare, senza vergognarci per non essere originali, e poterli mettere in pratica in tempi brevissimi).
Bonifica dei siti inquinati.
8) Una politica agricola che torni a privilegiare le differenze geografiche e territoriali, con tutto il loro patrimonio di tradizioni, regole, sapori, metodi costruttivi.
9) La gestione dell'acqua pubblica e delle reti di distribuzione idrica; vetuste anche esse, con costi di gestione altissimi che gravano sulle tasche dei cittadini.
10) Il patrimonio edilizio privato. Composto per la maggior parte da edifici costruiti prima del 1950 quindi: con anni di esercizio alle spalle; fabbricato con materiali eterogenei; senza che venissero eseguiti calcoli strutturali; con una dotazione impiantistica inadeguata; con una propensione energivora; che ha avuto scarsa o nulla manutenzione. 
Chiaramente gli interventi per la manutenzione dell'edilizia privata andrebbero incentivati fortemente, con regole meno condizionate dalla burocrazia, altrimenti si rischia di gravare pesantemente sulle spalle dei proprietari.
11) Un piano per l'edilizia pubblica. Basta copiare le idee da altri Paesi (vedi Gran Bretagna) e adattarle alla nostra realtà, più variegata e con differenze evidenti a seconda dell'area geografica.

Probabilmente le mie sono considerazioni secondarie rispetto agli obiettivi che sta perseguendo il Governo e, per questo, non credo che tali tematiche vengano prese in considerazione dai nostri politici. Oppure ho una visione distorta dei fatti.

http://www.edilportale.com/news/2014/09/professione/cnappc-l-italia-non-%E8-%28pi%F9%29-un-paese-per-architetti_41377_33.html

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